giovedì 30 gennaio 2014

Il mondo fa la mappa o è la mappa a fare il mondo?


Venerdì 10 gennaio 2014
Scuola di Architettura e Società del Politecnico di Milano

Il geografo Franco Farinelli, Professore Ordinario di geografia presso l'Università di Bologna, intervenendo al Seminario di Studio organizzato nell'ambito della Scuola di Architettura e Società del Politecnico di Milano ha introdotto due spunti di riflessione molto interessanti.
Analizzando l'evoluzione del concetto di mappa e degli elementi contenuti al suo interno si è soffermato sulla variazione, nel corso della storia, del rapporto tra  rappresentazione della realtà e realtà stessa.
La pianificazione, intesa in senso lato, è stata l'operazione che ha portato ad un totale capovolgimento del concetto di mappa.
In origine essa rappresentava la collocazione di elementi morfologici del territorio ed insediamenti antropici in una determinata porzione della superficie terrestre.
L'evoluzione del concetto base di villaggio da modo degli uomini per stare meglio che in campagna, secondo la definizione di Tasso, a insieme di abitazioni più piccolo della città, secondo definizione enciclopedica, è emblematica di come le popolazioni insediate in un territorio abbiano ricercato e acquisito una sempre maggiore organizzazione strutturale. Questo ha gradualmente portato la mappa a diventare il piano bidimensionale attraverso il quale rappresentare una realtà ancora in divenire: ciò che esiste per esistere deve modellarsi sulla mappa.

Un altro elemento emerso dall'intervento del Prof. Farinelli, a mio parere estremamente interessante, ha riguardato il rapporto tra gli elementi presenti all'interno di una mappa.
In essa non esistono metafore ci sono solo nomi propri ma eccetto questi tutto il resto è fluido e privo di una precisa demarcazione di confini. Sono le relazione tra gli elementi a definirne la struttura: su una base pressocchè uniforme è la distanza tra le cose a dare forma e tempo ad un luogo.
Il rapporto relazionale soggetto_oggetto e la concezione spaziale prospettica definiscono la realtà per come la percepiamo ma ciò implica, secondo quanto affermato da Florenkij, l'immobilità del soggetto.
Lo Stato Moderno per esistere deve essere: continuo, omogeneo e isotropico.
Se queste caratteristiche legano all'esistenza dello Stato Moderno il concetto euclideo di estensione e se questa è percepibile soltanto da un osservato immobile perchè diversamente lo spazio non risulterebbe conoscibile, oggi che la società che lo compone danza (considerando il danzare come un assecondare il cambiamento della realtà mantenendo la stabilità) ed ogni osservatore che vi passa attraverso è in continuo movimento, allora lo Stato e le città che lo costituiscono non possono che apparire come un enorme paradosso.

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