Rem Koolhaas, nato a Rotterdam nel 1944, comincia lavorando
come giornalista, diventa poi sceneggiatore ed infine architetto.
Tra i più influenti e discussi teorici dell’architettura
contemporanea pratica la sua attività progettuale all’interno del gruppo OMA,
da lui fondato nel 1994. La sua attività da teorico inizia molto prima quando
nel 1978 pubblica Delirious of New York,
seguito poi da Bigness (1989) e Junkspaces (2001), solo per citare
alcuni dei suoi scritti più significativi.
Gioca sull’antipatia. Ha capito che occorre stupire e provocare.
Luigi Prestinenza Puglisi
Per Koolhaas “giocare sull’antipatia” è il vero punto di
forza. Egli ha sempre evitato l’adesione ingenua ad un’idea preferendo
piuttosto partire con le sue analisi multidisciplinari da una stigmatizzazione
di luoghi comuni e rigidità ideologiche. Questo probabilmente gli permette di
arrivare all’anima della questione e ne
fa uno dei teorici più attenti ai problemi, alle potenzialità ed ai miti della
città contemporanea.
Curatore della prossima Biennale di Venezia, intitolata Fundamentals,ha dichiarato che la 14° Mostra
Internazionale di Architettura si concentrerà sulla storia al fine di agevolare
una nuova comprensione del patrimonio dei fondamenti di architettura che sembra
essere stato dimenticato.
Il suo approccio alla progettazione è paragonabile a quello
di un archeologo alla continua ricerca di tracce significative del passato. Il
progetto per Koolhaas deve partire dall’inventario del sito al fine di
comprendere tutte le circostanze che hanno condotto alla formazione di quella
realtà. Pensa che ogni contesto meriti lo stesso grado di attenzione ed afferma
che nelle pattumiere della storia si
trova la maggior ricchezza di idee: quelle più screditate sul piano del
buongusto e più innovative a livello di contenuti.
Questa fase preliminare di analisi risulta fondamentale per
il suo processo creativo; egli è infatti convinto che il fallimento di un
progetto spesso dipenda dal non essersi saputo rapportare con il contesto e non
aver saputo misurare il suo impatto su di esso.
Rem Koolhaas attacca l’orrore del vuoto che a suo parere
colpisce alcuni architetti, dichiarando che all’estrema volontà di fare
architettura si dovrebbe sostituire una relativa neutralità: un’architettura
non pretenziosa. Ritiene che gli edifici dovrebbero rivelare la loro
complessità e la loro densità di intenti solo ad un’analisi più approfondita.
L’orrore del vuoto
e la tendenza a lasciarsi prendere la mano sono le cause dello Junkspace.
Dichiara nel suo libro del 2001 che ogni
teoria sulla produzione dello spazio si basa su una preoccupazione ossessiva
per il suo opposto: la sostanza e gli oggetti, ovvero l’architettura. Continua
dicendo che lo junkspace sfrutta ogni
invenzione che rende possibile un’espansione, dispiega l’infrastruttura della
uniformità.
Se l’architettura
separa gli edifici, l’aria condizionata li unisce.
Rem Koolhaas, Junkspaces, 2001
L’idea che Koolhaas esprime riguardo la sostenibilità e l’applicazione
dei suoi principi nell’architettura
contemporanea è simile a quella espressa in Junkspaces.
Egli ritiene infatti che gli interessi economici abbiamo
esasperato una visione apocalittica della realtà e che gli architetti si siano
lasciati trasportare da questo “terrore”, senza prestare attenzione all’applicazione
dei dettami dell’eco-sostenibilità ed ottenendo come risultati solo edifici
ricoperti di verde o nascosti nel paesaggio.
La soluzione di Koolhaas al problema sta nel passaggio ad
una scala più ampia di quella del singolo edificio, nella quale sia possibile
combinare in un unico sistema risolutivo energia umana ed energia solare.
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